Android Auto Case and the Statute of Refusal to Interoperability in Digital Markets. Alias the EFD in Digital «Sauce»

Il caso "Android Auto" segna un punto di svolta nell’elaborazione giurisprudenziale e dottrinale dell’"Essential Facility Doctrine" (EFD) e degli abusi escludenti, inserendosi nel solco già tracciato dai casi "Google Shopping" e "Google Android". La decisione della Corte, infatti, ha il pregio di offrire una interpretazione più elastica dei criteri di valutazione delle condotte delle imprese dominanti elaborati nell’ambito della sentenza Bronner che si traduce, di fatto, nella costruzione di un vero e proprio «statuto» dell’abuso da impedimento nei mercati digitali o, se si vuole, del "refusal to interoperability". I punti fondamentali possono essere così riassunti: I) la condizione dell’indispensabilità dell’infrastruttura non si applica qualora l’impresa dominante abbia sviluppato la sua piattaforma nella prospettiva di consentirne l’utilizzo da parte di imprese terze; II) la definizione del mercato rilevante a valle può essere solo potenziale o ipotetica, senza una precisa identificazione del mercato merceologico e geografico rilevante; III) la prova di una preclusione anticoncorrenziale provocata dall’impresa dominante non è impedita né dalla presenza (già) di concorrenti nel mercato a valle né dal rafforzamento della loro presenza nel mercato nell’arco temporale interessato dall’indagine, potendo tali elementi essere valutati come indizi dell’assenza di effetti di "foreclosure"; IV) le giustificazioni oggettive opponibili a fronte della richiesta di interoperabilità di una "app" proprietaria con una piattaforma terza non includono anche l’assenza del modello per il prodotto richiesto, dovendosi contemplare soltanto i casi di compromissione dell’integrità della piattaforma stessa o la sicurezza del suo utilizzo o l’impossibilità di garantire tale interoperabilità per altre ragioni tecniche.